IL VALORE DELL'ACQUA NEL CONTESTO PAESAGGISTICO
Giulia Barbieri *
Come l'anno scorso per le montagne, l'O.N.U. ha decretato
il 2003 Anno internazionale dell'acqua per attirare l'attenzione
del mondo sull'elemento che costituisce la linfa vitale
di ogni essere vivente e dell'intero pianeta.
Dice Eraclito, filosofo greco del V secolo a.C.,
"Dalla terra nasce l'acqua,
dall'acqua nasce l'anima.
Fiume, mare, lago, stagno, ghiaccio
dolce, salata, salmastra,
piacere e paura, nemica e amica,
confine e infinito,
principio e fine" .
affrontando la complessità dell'acqua nelle sue
implicazioni anche filosofiche.
Ognuno di noi , si sa, è fatto per sette decimi
di acqua, e senza acqua dolce da bere o da assimilare
non esisterebbero nè piante, né animali,
né alcuna forma di vita.
Dal ghiaccio al vapore alla pioggia il ciclo dell'acqua
si ripete senza fine . Ma l'acqua non è una risorsa
infinita : la sua drammatica scarsità per una parte
sempre maggiore degli abitanti del pianeta sarà
l'emergenza che dovremo affrontare negli anni a venire.
Per questo le Nazioni Unite ci chiedono quest'anno, come
lo hanno fatto l'anno scorso per le montagne, di pensare
all'acqua, alle acque interne: le sorgenti, i torrenti,
gli stagni, i laghi, i fiumi, la pioggia e la rugiada,
la neve e il ghiaccio, tutte le facce del ciclo naturale
da cui dipendiamo.
Il calendario di quest'anno della rivista AIRONE, da
cui traggo le citazioni letterarie di questo breve scritto
e cui mi sono in un certo senso ispirata, ha voluto raccontare
per immagini la storia sempre uguale e sempre sorprendente
dell'acqua, l'acqua che è vita ed ha una sua vita........
Ha proposto un percorso "sul filo dell'acqua"
. "Un filo che, in natura, unisce il ghiacciaio e
la nuvola, lo spettacolo delle grandi cascate e la goccia
che disseta il fiore. E che, tra gli uomini, lega il lavoro
dei campi alla sacralità del rito, alla curiosità
della scienza".
Anch'io, su questo filo, pensando al valore dell'acqua
nel contesto paesaggistico, ho ripercorso mentalmente,
soprattutto nel ricordo, le immagini di luoghi bellissimi
modellati dall'acqua.
Vice Presidente di Pro MONT-BLANC, collettivo di Associazioni
ambientaliste francesi, italiane e svizzere per la tutela
del Monte Bianco.
E mi si sono ritrovata, bambina, sulle sponde del Po,
il nostro grande fiume che bagna la città dove
sono nata e cresciuta, persa a guardare l'acqua che scorre
lenta e vasta sotto i due ponti e le file diritte dei
pioppi che si infittiscono sull'altra riva, quella lombarda,
dove denotano subito il paesaggio di una pianura ancora
verde e dedita all'agricoltura. Nel rapporto dell'uomo
con l'ambiente il fiume è la primaria possibilità
che egli ha avuto di condizioni di vita e di organizzazione
di essa : le grandi civiltà sono nate sui fiumi
e la storia ce lo racconta. Credo che il fiume sia anche,
per chi è nato in una città costruita su
di esso, la forma più antica e profonda del suo
immaginario della natura. In questa è impresso
il suo rapporto con l'universo.
Mi basta citare, a questo proposito, alcuni versi della
notissima poesia di Ungaretti "I fiumi". Una
sosta nelle sporche giornate della guerra gli permette
di recuperare il senso più profondo del nostro
rapporto con la natura.
" Stamani mi sono disteso
in un'urna d'acqua
e come una reliquia
ho riposato.
L'Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso.
Questo è l'Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell'universo" .
( Giuseppe Ungaretti (1888- 1971) da "L'allegria")
Il poeta continua, poi, dicendo che il suo "supplizio"
è quando non si crede "in armonia" e
che le "occulte mani" del fiume che l' "intridono"
gli "regalano la rara felicità".
Bagnarsi nelle acque dell'Isonzo equivale per lui a ritrovare
in quelle onde la memoria di tutti gli altri fiumi che
ha conosciuti e che hanno scandito quasi le varie fasi
della sua vita. Si sente parte di un tutto, e nella luce
di questa confidente sincronia con l'universo egli sente
non solo il presente, ma anche il passato.
Queste considerazioni sui versi di Ungaretti mi consentono
di mettere in rilievo , in ciò che vado dicendo,
l'importanza del soggetto ( che "osserva", "guarda",
"vede" e "conosce") di fronte ai paesaggi
che la natura ci dona.
Una pianura verdeggiante in cui scorre tranquillo il
fiume o le valli di montagna dalla forma ad U o a V a
seconda che le abbiano formate il ghiacciaio o il fiume,
i grandi laghi con i loro immissari ed emissari, i piccoli
laghi alpini talvolta azzurri come il cielo anche quando
questo è grigio, i ruscelli e i rii e le cascate
spumeggianti più che i torrenti impetuosi sono
realtà spaziali concrete, formatesi nei secoli.
In esse si è svolta e si svolge la nostra vita
che in passato più che nel presente si è
dovuta adattare ad esse.
Oggi, più che di paesaggio naturale, si parla
di paesaggio culturale, proprio per l'intervento e le
modificazioni che l'uomo ha apportato all'ambiente fisico
. E il paesaggio culturale è qualcosa di molto
complesso perché implica tutte le interrelazioni
e le interdipendenze che riguardano la vita dell'uomo
e quella degli animali e delle piante nei tempi brevi
della storia e in quelli lunghi della geologia e della
natura. Il valore dell'acqua è enorme , in questo
contesto.
Il suo ciclo , da cui dipende anche il nostro, ci permette
di indagare scientificamente le varie forme in cui questo
elemento costitutivo del pianeta si presenta. Sono la
pioggia e la rugiada, la neve e il ghiaccio, l''acqua
che scorre limpida nei ruscelli di montagna....., ma anche
la nuvola bianca che nel cielo estivo ne insegue altre
cui vuole unirsi.
E ci può essere un uomo, coricato in un prato,
che la contempla e...sogna.
Il valore dell'acqua, nel contesto paesaggistico, è
anche questo: la contemplazione della bellezza.
Si sta perdendo, nel nostro tempo, se non lo si è
già perso, il valore estetico delle cose e non
credo che sarà senza danni, in futuro, questa perdita.
Se pensiamo all'importanza benefica che ha sempre avuto
nei secoli la contemplazione della natura sull'anima umana,
non solo dei poeti o delle persone colte, ma anche dei
più semplici e illetterati, e consideriamo come
oggi il paesaggio sia sempre meno naturale, sempre più
deprivato di natura, sempre più antropizzato e
artificiale, viene da chiederci: "Quale bellezza
ci salverà?".
Siamo responsabili, e lo saremo sempre di più
nei confronti delle generazioni future, di aver messo
in pericolo questo bene ( la bellezza della natura ) e
di averne defraudato la terra.
Nella Bibbia, in Genesi , 2, 15, si dice : "Poi
il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di
Eden perché lo lavorasse e lo custodisse".
Ma l'uomo è venuto meno a questo compito di "custodia"
della terra : ha interpretato il verbo come "dominio"
su di essa , come possibilità di farne ciò
che vuole, legittimando, così, ogni intervento
sulla natura. In una visione antropocentrica della natura
non si è neppure reso conto della sua responsabilità
etica nei confronti dell'ambiente.
La montagna, quando non è stata aggredita da una
presenza umana troppo violenta e devastatrice, è
ancora l'ambiente dove è possibile vivere in modo
più o meno autentico il rapporto con la natura.
In tal senso è un ambiente privilegiato. Gli elementi
fisici e naturali che compongono il paesaggio montano
permettono di coglierne quell'armonia di cui parla Ungaretti
e che ci "regala la rara felicità".
Il paesaggio alpino, in particolare, è ancora
capace di donarci la gioia della contemplazione della
bellezza. La sua morfologia è il frutto di processi
di erosione dovuti sostanzialmente all'acqua nei suoi
diversi stati fisici e quest'acqua possiamo vederla allo
stato naturale intridere un po' tutto : è la sorgente
che si raggiunge tra le pietre, nascosta da un larice;
è il ruscello che scorre sul piano erboso; la piccola
cascata che ci si presenta ad una svolta del sentiero;
il torrentello che solca e delimita la valle che stiamo
percorrendo. E' il ghiacciaio innevato che scorgiamo più
su, dopo la morena in cui cessano di radicarsi gli alberi.
Ho sempre amato il ghiacciaio, anche prima che ne potessi
fare l'esperienza diretta, "calpestandolo" o
"salendolo" su di una cresta per arrivare alla
vetta.
Il ghiaccio è acqua allo stato solido, un fenomeno
della natura che mi è sempre piaciuto da quando
l'ho scoperto e studiato sui libri di scienze della scuola.
Nella mia passione per la montagna e nella frequentazione
di essa le escursioni o le ascensioni che mi portavano
anche a "camminare" sul ghiacciaio sono quelle
rimaste più impresse nel profondo di me stessa
. E non per il ricordo, ma per ciò che l'emozione
della loro "esperienza"ha provocato in me nel
senso della meditazione e della consapevolezza .
Dice il poeta indiano Rabindranath Tagore ( 1861-1941
) :
L'acqua che esce dal ghiacciaio
tenuta ferma anni e anni
dalla meditazione dell'Himalaya,
sotto l'occhio delle stelle
senza parole si scioglie ai raggi del sole,
e porta in ogni direzione
un canto di felicità senza fine.
Posso dire di aver sperimentato la verità di questi
versi. Per me il "canto di felicità senza
fine" dell'acqua del ghiacciaio è quello che
sento quando essa gorgoglia nei crepaccetti terminali
della fronte e quando ne esce come un rio che si dirama
subito in tanti rivoli nel primo sfasciume della morena,
scendendo poi nei piccoli avvallamenti o raccogliendosi
nella cavità di un appena accennato laghetto glaciale.
Per me questi sono momenti di contemplazione, ma anche
di rivelazione : è come se mi trovassi alle sorgenti
della vita, anzi le "sento"e le "vedo"
come tali e sono aiutata talvolta, in questo, dallo spettacolo
sempre stupefacente di qualche esemplare di ranuncolo
glaciale* che esce da quell'acqua come se fosse radicato
in essa e non nella pietra grigia che si intravede sotto.
L'acqua acquista per me, là, in quello spazio concreto
del ghiacciaio, tutto il suo significato simbolico e la
sua sacralità.
Se si vuole allora parlare di valore dell'acqua nel contesto
paesaggistico, a quello estetico si dovrà aggiungere
questo che chiamerei, per la sua complessità, "spirituale",
nel senso che quel luogo e quel momento diventano anche
una tappa del mio cammino interiore di ricerca.
E' un'esperienza soggettiva, d'accordo, ma, come dicevo
all'inizio, parlando del rapporto dell'uomo con il fiume,
si tratta qui di sperimentare in modo concreto, la nostra
relazione con l'universo in cui viviamo e su cui ci interroghiamo
.
Nella Divina Commedia Dante immagina di iniziare il suo
viaggio nel Paradiso, che terminerà con la visione
di Dio, nella pienezza della luce di mezzogiorno. Non
ho mai sperimentato un'intensità di luce così
forte come quella del sole sul ghiacciaio a quell'ora.
Se ne resta abbagliati, ma soprattutto si intuisce che
la rivelazione della Verità avverrà in quel
modo. D'altra parte Dante aveva ben presente, e ad essa
si ispirava, la Scuola filosofica medioevale dei Vittorini
o della "metafisica della luce", che vedeva
nella luce la sostanza delle cose. La sua immaginazione
poetica completava i dati della "ricerca" filosofica
e oltrepassava anche quella teologica.
Gretel Ehrlich, una scrittrice americana vivente, mi
aiuta a concludere queste mie divagazioni letterarie sul
ghiacciaio. Le sue parole, che trascrivo, commentano una
bellissima e fantastica fotografia di un "iceberg"
in Antartide riportata sul calendario di Airone cui ho
accennato all'inizio di questo mio scritto.
La calotta glaciale stessa
era una sirena che
col suo canto mi ammaliava,
con le sue pareti di zaffiro
blu e l'assoluta immobilità
sempre ingannevole.
Un po' gioiello, un po' occhio,
un po' faro, un po' monolite
disteso, il ghiaccio è una chiazza
brillante all'estremità
del globo. D'estate brucia
al sole e nel buio si accaparra
la luce della luna.
Mi vengono alla mente le odierne carte fotogrammetriche
prese dal satellite, in cui sono chiaramente evidenti
le calotte glaciali della terra , ma nello stesso tempo
ripenso ad una notte
* Ricordo, a questo proposito e a titolo di curiosità,
che il ranuncolo glaciale è il fiore di montagna
trovato più in alto nelle Alpi, sull'Eiger, a più
di 4000 metri di altezza sul livello del mare.
trascorsa in un rifugio in alta Val d'Ayas, dalla cui
finestra vedevo il ghiacciaio vicinissimo soffuso di una
luce particolare. Non c'era la luna e mi chiedo ancora
adesso se non fosse la luce del sole della giornata che
esso aveva trattenuto ed ora diffondeva all'intorno.
I ghiacciai, oltre che scenari di bellezza straordinaria,
sono archivi della storia dell'ambiente del nostro pianeta.
"Numerosi studi glaciologici hanno dimostrato che
gli strati di neve dei ghiacciai alpini e polari conservano
al loro interno segnali chimici delle deposizioni secche
e umide avvenute nel passato. Il ghiaccio e la neve svolgono
un ruolo fondamentale nell'equilibrio ambientale terrestre,
entrando in particolare nel ciclo idrologico, come nucleo
di condensazione nelle precipitazioni, regolando il deflusso
di corsi d'acqua, nonché la qualità dell'acqua
stessa. Con il passare dei secoli e dei millenni i ghiacciai
permanenti distribuiti sul globo terrestre sono dunque
diventati un prezioso archivio paleoambientale delle condizioni
atmosferiche. E' grazie a studi e a tecniche solo recentemente
messe a punto , che è stato possibile stabilire
, con raffinate analisi chimiche stratigrafiche, i livelli
di base naturali del periodo pre-industriale di alcuni
metalli pesanti (per esempio piombo, cadmio, rame, zinco
ecc.), utili per valutare l'importanza e le dimensioni
dell'inquinamento antropico su scala globale.
Durante gli ultimi decenni, infatti, sono stati compiuti
grandi sforzi per ottenere dati chimico-glaciologici che
potessero descrivere le modificazioni avvenute in atmosfera
nel lontano passato a scala emisferica. Nell'emisfero
australe il sito principale per questo tipo di ricerche
è il continente antartico, dove sono state recentemente
prelevate carote di ghiaccio di oltre tre chilometri di
lunghezza databili fino a circa 900.000 anni fa . Nell'emisfero
settentrionale le perforazioni e le ricerche sono per
lo più compiute in Groenlandia." *
Nelle Alpi , solo a partire dagli anni Settanta , sono
state estratte carote di ghiaccio con lo scopo di studiarne
i preziosi segnali glaciochimici, andando oltre le investigazioni
glaciologiche iniziate fin dalla fine dell' Ottocento.
I siti studiati sono situati specialmente sul Monte Rosa
e sul Monte Bianco e i dati ambientali sono limitati nel
tempo ( 100/200 anni ).
"Il massiccio del Monte Bianco, al confine fra Italia
e Francia e vicino a vallate fortemente antropizzate,
possiede la peculiarità di registrare i segnali
dei cambiamenti atmosferici storici a scala locale ed
europea". **
Nell'ambito della consapevolezza e della responsabilità
nei confronti dell'ambiente dobbiamo occuparci maggiormente
della tutela dei ghiacciai.
Occorre pensare, ad esempio, ad una riduzione dell'inquinamento
dell'ambiente, evitando l'inquinamento chimico e di accelerare
l'attuale fase di deglaciazione con interventi che modifichino
l'equilibrio tra l'accumulo e l'ablazione.
*Cfr. Barbante C. "I ghiacciai alpini. Archivi di
contaminazione ambientale", in "Sopra il Livello
del Mare", rivista dell'Istituto Nazionale per la
Ricerca Scientifica e Tecnologica sulla Montagna, numero
10, 2003, pagg, 26-31
** Ibidem
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